Giorni fa abbiamo partecipato a un incontro in Regione Toscana, gentilmente invitati da GiovaniSì.
L’obiettivo del pomeriggio di lavoro – cui partecipavano Comune di Milano, Cowo Firenze/Combo, Multiverso, Tag Pisa e diverse altri progetti di coworking a vari livelli di sviluppo – era capire quali leve attivare per aiutare il coworking.
Aiutare il coworking = Creare incentivi economici.
Il dirigente della Regione, animato da voglia di capire e desiderio di usare bene i soldi dei contribuenti, ha posto sul tavolo la questione dei “criteri” per qualificare uno spazio di coworking.
Ammettiamo che noi facciamo gli incentivi al coworking. Ammettiamo che gli hotel mezzi vuoti facciano domanda, che mettano a disposizione sale riunioni e scrivanie e wifi, che gli dico io a questi? So’ o non so’ coworking?”
La discussione ha infiammato il tavolo: da una parte il Comune di Milano faceva notare come – non facendo arrivare i soldi agli spazi ma ai coworker, con l’ormai noto sistema dei voucher + registro coworking accreditati – eventuali realtà interessate solo al vil denaro perderebbero in fretta interesse, una volta compreso che nessun incentivo economico arriverebbe direttamente a loro.
Rappresentanti di associazioni facevano presente il punto di vista di chi – pur non essendo iscritto alla Camera di Commercio – ritiene di aver comunque diritto a un aiuto.
Altri si ponevano il tema dell’assessorato competente: politiche sociali o sviluppo economico?
Titolari di spazi di coworking già attivi reclamavano giustamente il riconoscimento di mesi e anni di lavoro sul territorio, senza alcun aiuto né riconoscimento, tolto quello di… essere invitati a un tavolo ufficiale ;-)
Alla proposta di Cowo di
selezionare chi può dimostrare di aver svolto attività di coworking + networking online e offline per almeno 6 mesi
è stato risposto che
La Regione non può “valutare”, servono criteri precisi ed oggettivi.
Criteri precisi ed oggettivi: da quando in qua una community può essere oggetto di criteri precisi ed oggettivi?
La questione non è per nulla semplice e avvicina un orrendo quesito, che contraddistingue le sedi di discussione sul coworking più arretrate e disinformate, in quanto se ne parla ormai ovunque – e inutilmente – da anni:
Cos’è il coworking?
Per quanto ci riguarda, abbiamo fissato da tempo la risposta di Cowo nei 10 punti del nostro manifesto, che riportiamo qui sotto, ma capiamo bene che – per la Regione Toscana e tutti quelli che come lei non possono/vogliono valutare – la questione è spinosa.
Speriamo che la ricerca di criteri precisi ed oggettivi non finisca per escludere chi – in base a criteri del tutto arbitrari, personali, intuitivi, visionari e innovativi – ha inventato il coworking in Toscana, in Italia, in tutto il mondo.
In altre parole, invitiamo l’attore pubblico a sforzarsi di capire, trovare dei modi per dialogare con un pezzo di società che sta facendo quello che dovrebbe fare lui: innovare.
Se c’è riuscito il Comune di Milano, ad ascoltare, riflettere ed interagire in modo sensato con l’ecosistema coworking milanese (tra i più complessi d’Europa), ci possono riuscire anche altri.
C’è speranza. Purché si abbia il coraggio di valutare.